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GLI AMANTI DEL PONT-NEUF
(LES AMANTS DU PONT-NEUF)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 8 febbraio 1992
 
di Leos Carax, con Denis Lavant e Juliette Binoche (Francia, 1991)
 
"Si può adorare questo film, o detestarlo. Considerare Leos Carax come il regista più dotato della sua generazione; oppure ritenerlo un giovane presuntuoso di talento. Ciò che è impossibile, nei confronti di questa storia di amore e perdizione fra i barboni del ponte più vecchio di Parigi, è l'indifferenza. Poiché LES AMANTS DU PONT-NEUF è un film straordinario, la somma di due fattori straordinari.

Il primo è produttivo, misurabile, materiale. A Carax, enfant-prodige di Francia e autore di due piccoli film dal tratto marcante, BOY MEETS GIRL e MAUVAIS SANG, vengono concessi nel 1987 32 milioni di franchi francesi, e 20 settimane d lavorazione per girare L'AMOUR DE LA FILLE ET DU GARCON. L'attore feticcio del regista, Denis Lavant, si ferisce poco prima dell'inizio delle riprese: ed il 16 agosto il ponte viene chiuso definitivamente per riattazioni. Carax lo ricostruisce allora nei pressi di Montpellier, ed il solo costo delle scenografie sale a 35 milioni. Nell'aprile dell'89 i produttori sospendono la lavorazione, altri la continuano tempo dopo. Storia dell'amore di un clochard per una giovane pittrice che sta diventando cieca, LES AMANTS diventa allora il film che non vedrà mai la luce. Carax riesce finalmente a ripartire per la terza volta nell'agosto del 90, ed i film esce alla fine del 91. Mentre i due primi film del giovane regista erano costati 3, rispettivamente 17 milioni, questo chiude a 100 milioni. E sono milioni che pesano. Non solo nelle tasche dei creditori, ma nei giudizi degli spettatori (erano veramente necessari, e via di seguito) e nell'equilibrio del film: che non può non risentire dell'abnormità della propria gestazione. E che spiegano in parte l'importanza forse eccessiva concessa al celebre sfondo, i passaggi quasi urtanti tra un realismo praticamente documentarista e la visione fantastico-poetica, i sussulti (specie nella parte finale) di una progressione drammatica che non può non tener conto - magari inconsciamente - degli interessi in gioco.

Ma c'è un secondo fattore, certamente più interessante, che fa di LES AMANTS un film straordinario, scompensato ed eccessivo: un elemento più intimo, più espressivo, più immateriale . "Ti vedo sempre meno" - dice Juliette Binoche a Denis Lavant - "se ti limiti a sorridere, non me ne accorgo nemmeno più. Devi fare tutto in grande: poiché non vedo più le piccole cose, che sono le più belle". Ed il film di Leos Carax, in modo talvolta indisponente, ma il più delle volte fremente, spesso commovente, si adegua alle parole della sua sensibilissima protagonista.

Perché sono quasi sempre le piccole cose del film ad essere le più meravigliose. Il prologo indimenticabile, con la cinepresa che penetra fra gli autentici clochard trasportati per la doccia al centro di raccolta di Nanterre, e che sa dipingere quella tremenda realtà con un incantato equilibrio fra pietà, indagine ed umorismo. Ingredienti vitalizzanti, usciti di getto, che ritroveremo in tutte le scene realistiche (con i passanti che si girano addirittura al passaggio della cinepresa) ogni qualvolta i due protagonisti sfuggiranno al potere del Ponte, ed il regista a quello dell'Illusione. O ancora nei momenti intimi, quasi segreti, quasi concessi controvoglia dal mostro espressivo: la visita al Louvre, con l'occhio arrossato ed impotente di Michèle che scruta avidamente, per l'ultima volta, l'autoritratto del Rembrandt. L'eco del violoncellista amato dalla ragazza che risuona fra i cunicoli della metropolitana, con la cinepresa che tenta di rincorrerlo con la stessa ansia frenetica della ragazza. I ciottoli di Alex che rimbalzano sul filo delle onde, al nome ripetuto infinitamente dell'innamorata; o i due in bilico sui parapetti della Senna, in quegli istanti fattisi improvvisamente di silenzio, nell'immobilità che segna i bilanci più vertiginosi.

Ma sarebbe troppo semplice confinare il resto in una sorta di limbo grandiloquente alla Lelouch: poiché è proprio in molte delle sequenze "sopra le righe" che tutta la sfrontata fascinazione dell'arte di Carax riesce ad esprimersi. Inserendo nella propria storia le immagini ufficiali dei festeggiamenti del Bicentenario che avvenivano in quei giorni, Carax fonde l'infinitamente piccolo dei suoi marginali allo sconfinatamente grande dell'immaginazione e dell'assoluto. Prima che si spengano le luci della festa assieme a quelle della vista della ragazza, le scie multicolori dei jet nel cielo del tramonto, le cascate di fuoco che si mescolano all'acqua della Senna, la corsa con gli sci acquatici ed il motoscafo fra le vestigia antiche, i suoni stranianti della città che si mescolano ai valzer, alle fanfare, ai rap, ai rock, i balli o l'amore claudicante fra i due sotto un cielo di Parigi così eguale e dissimile a quello di Duvivier, non sono per nulla un brillante esercizio di stile. Ma la traduzione dei sentimenti che agitano i personaggi: e che un talento difficilmente confinabile esprime con una generosità forse opinabile ma comunque così grandiosa da risultare commossa.

LES AMANTS DU PONT-NEUF è allora un film brillante? È un film contraddittorio: esaltato e disperato. Esaltato dal potere d'assoluto offerto dall'immagine: da come essa riesce a sublimare in bello ed in grande ciò che è misero e brutto. E disperato da quella discesa nella mortificazione, nell'automutilazione di una pittrice quasi cieca con un saltimbanco quasi zoppo: in una forse perversa, almeno compiaciuta auto distruzione. Una corsa inarrestabile negli abissi, verso tutto ciò che ferisce, la carne e quindi lo spirito: e che solo un finale posticcio, esplicativo e falsamente ottimista e ragionevole tenta di camuffare al nostro gradimento di spettatori.

Contraddittorio e discutibile nei vizi che gli nascono fra le mani (l'evidenza dei riferimenti cinefili, la fuga al mare come in Truffaut, la cieca come in Chaplin, i balli come in Minnelli, gli scherzi trasgressivi come in Godard, Xanadu come in Orson Welles e naturalmente la chiatta finale de L'ATALANTE di Jean Vigo...) ma anche glorioso di generosità, di avidità espressiva.

LES AMANTS DU PONT-NEUF traduce in immagini la volontà di andare fino in fondo alle cose, anche a costo di andarci a fondo assieme. In un mondo di altri sprechi, di altri calcoli, di altre affermazioni può anche essere un modo per giungere alla grazia dell'arte.


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